'Aretusa! Aretusa!' m'invoca.
In che travaglio si trovò il mio cuore? Diverso forse da quello
di un'agnella che sente i lupi ringhiare intorno alle stalle,
o di una lepre che appiattata in un cespuglio scorge i musi ostili
dei cani e non osa fare il benché minimo movimento?
Ma lui non s'allontana: non scorge più in là
orme di piedi e sorveglia nuvola e luogo.
Un sudore freddo, stretta in quell'assedio, mi pervade le membra;
da tutto il mio corpo cadono gocce azzurre;
se sposto il piede, si forma una pozza; dai capelli
cola rugiada e, in men che non ti dica i fatti,
mi muto in sorgente.
(Ovidio - Le metamorfosi - Libro V)
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